Svergognando la Morte

“… nel nostro codice c’è scritto che i figli si possono staccare da un padre assassino,
non c’è scritto che si possono togliere a un padre perché è uno zingaro.”

2009 Produzione RSI
2019 Produzione Fonderia Mercury

Tratto dal romanzo Il seminatore di Mario Cavatore

di Sergio Ferrentino

con: Francesca Vettori, Raffaele Farina, Claudio Moneta, Daniele Ornatelli, Cecilia Broggini, Gabriele Calindri, Roberto Recchia, Michela Atzeni

musiche originali: Geza Hosszu-Legocky

fonico: Paolo Corleoni

Assistente alla drammaturgia: Mario Mucciarelli

Assistente alla regia: Roberto Recchia

Assistente alla produzione: Monica De Benedictis

Produzione Fonderia Mercury

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Note di regia

“Svergognando la morte” nasce da un radiodramma realizzato nel 2009 per la RSI. Ten years later Fonderia Mercury sceglie di raccontare nuovamente quella storia, questa volta al pubblico italiano. Ancora oggi, e forse ancora più di ieri, quanto successo nella piccola Svizzera deve farci riflettere sul clima e sui rischi che stiamo vivendo e che indolentemente, molto spesso, stiamo subendo. Gli spettatori di un audiodramma sono chiamati ad entrare nel “paese del ciechi”. Un posto in cui, come raccontava H.G.Wells, “tra tanti che possono ancora ascoltare, sono gli unici a poter vedere”. Sospesa a mezz’aria trovano una testa dall’aspetto severo, un po’ metafisico, priva di occhi ma con le orecchie bene aperte. Si tratta del nostro microfono binaurale che insieme alle radiocuffie permette di vivere un’insolita esperienza acustica oltre che visiva. Ci troviamo in palazzo di giustizia, con un giudice, un commissario, degli imputati, dei testimoni e il pubblico che viene richiamato al silenzio dal martelletto. I rumori, le parole, i suoni degli spettatori diventano quindi quelli del pubblico presente nel tribunale. Per questa sera farete anche voi parte della compagni Fonderia Mercury.

di Sergio Ferrentino

SINOSSI

Nel 1939, quando l’odio verso certi popoli segnava il mondo, molti rom si erano rifugiati in Svizzera prendendo la cittadinanza elvetica per non essere espulsi e sottoponendosi ad alcuni obblighi: mandare i figli a scuola, pagare le tasse, prestare servizio militare. Tra questi c’era Lubo, che durante la leva riceve una notizia terribile: i suoi figli sono stati rapiti e la moglie, cercando di proteggerli, è stata uccisa.
Questa non è violenza, è legge. Un giudice ha sancito che una famiglia rom non può garantire condizioni igienico-sanitarie adeguate alla crescita dei bambini, assegnando i piccoli al progetto Kinder der Landstrasse, attivo in Svizzera dal 1926 al 1973.
La singolare vendetta di Lubo risponde alla violenza con l’amore, ma finirà col generare altro odio.

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